Venti di guerra e incertezza globale: il Made in Italy tra pressioni energetiche e rischio export
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Studio Confartigianato
Venti di guerra e incertezza globale: il Made in Italy tra pressioni energetiche e rischio export
Il 2025 si conferma un anno ad alta instabilità geopolitica. L’attacco di Israele all’Iran ha alimentato nuove tensioni nel Medio Oriente, aggravando un quadro globale già compromesso dalla guerra in Ucraina e dagli scontri tra India e Pakistan. Uno scenario che genera conseguenze dirette sull’economia italiana, in particolare sull’export e sull’approvvigionamento energetico.
A lanciare l’allarme è l’Ufficio Studi di Confartigianato, che in una dettagliata analisi fotografa con chiarezza i rischi connessi a un’area in fiamme che coinvolge 25 mercati cruciali per l’Italia. Secondo il report, il nostro Paese presenta una significativa esposizione energetica proprio verso queste zone, con un import complessivo di energia (petrolio greggio, raffinato e gas naturale) pari a 27,6 miliardi di euro, il 40,7% del totale delle importazioni energetiche italiane. Una quota in calo rispetto al 64% del 2021, ma ancora estremamente rilevante.
Nel dettaglio, l’Italia importa da questi territori:
· Petrolio greggio: 13,2 miliardi di euro (50,9% del totale);
· Gas naturale: 8,8 miliardi (37,3%);
· Petrolio raffinato: 5,7 miliardi (47%).
Questa dipendenza energetica si intreccia con le dinamiche dei prezzi: la crescita delle quotazioni delle commodities energetiche potrebbe compromettere la ripresa economica. Secondo il Documento di finanza pubblica del MEF, un incremento di 10 dollari al barile per il petrolio e di 10 €/MWh per il gas comporterebbe una riduzione del PIL dello 0,2% nel 2026 e dello 0,1% nel 2027.
In parallelo, la crisi incide anche sull’export italiano, mettendo a rischio la ripresa avviata nei primi mesi del 2025. L’Ufficio Studi di Confartigianato evidenzia come i 25 paesi coinvolti nei conflitti rappresentino il 9,8% dell’export nazionale (61,4 miliardi di euro), ovvero il 19,9% delle esportazioni extra-UE. Seppure in crescita complessiva (+2,5% nel primo quadrimestre), l’export subisce pesanti contraccolpi in aree specifiche: -17,8% verso la Turchia, -17,1% verso la Russia, -23,2% verso la Bielorussia.
A subire le conseguenze maggiori sono i settori a più alta vocazione artigiana, con una significativa presenza di micro e piccole imprese. In queste aree a rischio, il valore dell’export delle MPI ammonta a 20,3 miliardi di euro, con comparti trainanti come moda, gioielleria e occhialeria, alimentare, mobili e prodotti in metallo.






