Microimprese manifatturiere italiane: occupazione da primato ma energia e dazi frenano la crescita
This is a subtitle for your new post

Microimprese manifatturiere italiane: occupazione da primato ma energia e dazi frenano la crescita
L’Italia resta un pilastro della manifattura europea: è la seconda economia manifatturiera dell’Unione e, soprattutto, il Paese con la maggiore occupazione nelle micro e piccole imprese (MPI) del settore. Un patrimonio che vale oltre 1,8 milioni di addetti, il 20,9% del totale UE. Una forza che rappresenta l’identità produttiva del Paese ma che oggi è messa alla prova da criticità strutturali: energia più cara rispetto alla media europea, crisi dell’automotive e nuove barriere commerciali sui mercati internazionali.
È quanto emerge da un’analisi realizzata dall’Ufficio Studi di Confartigianato, che fotografa lo stato della manifattura italiana in questa fase di transizione complessa.
Energia, la zavorra dei piccoli
Le MPI manifatturiere italiane pagano la bolletta più cara d’Europa. Nel secondo semestre 2024 il prezzo dell’elettricità, per consumi fino a 2.000 MWh, ha raggiunto i 28 centesimi di euro/KWh, con un costo del 22,5% superiore alla media UE. Non solo: la componente fiscale e parafiscale in Italia è più che doppia rispetto alla media europea (+117,4%). Questo squilibrio si attenua solo con l’aumento dei consumi, fino a trasformarsi in vantaggio per i grandi utilizzatori industriali. Per le MPI, invece, il peso dell’energia rimane un fattore che incide direttamente sulla capacità di competere.
Crisi dell’automotive e produzione in calo
Il 2025 ha messo in evidenza la fragilità del comparto manifatturiero italiano. Nel primo semestre la produzione è calata del 2,1%, contro una media UE in crescita (+1,1%). La crisi europea dell’auto colpisce con forza proprio l’Italia: la produzione di veicoli è crollata del 17,3%, un dato che riflette le difficoltà di una filiera estesa, che coinvolge anche l’artigianato dell’autoriparazione.
Un segnale incoraggiante arriva però da luglio 2025, quando l’Istat ha registrato un rimbalzo dell’1,4% della produzione manifatturiera rispetto al mese precedente.
Export in chiaroscuro: bene i farmaci, male il resto
Sul fronte delle esportazioni, i dati del primo semestre 2025 raccontano una crescita solo apparente: +2% tendenziale, trainato però dal boom dei farmaci (+38,8%). Senza questo effetto, l’export manifatturiero segna un calo dell’1,4%. A complicare lo scenario sono i nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti, che rappresentano il primo mercato per 54 prodotti del made in Italy, e la svalutazione del dollaro del 12,3%, un “dazio implicito” che erode i margini delle imprese esportatrici.

